Il concetto di origine delle merce, pur non essendo un concetto recente, ha acquisito negli ultimi anni una importanza crescente che però spesso gli operatori economici tendono a sottovalutare trascurandone le rilevanti conseguenze di carattere amministrativo ma soprattutto penale.
Dal punto di vista doganale esistono due tipi di origine: l’origine non preferenziale e l’origine preferenziale. Per evitare facili equivoci è utile subito precisare che l’una non è la negazione dell’altra ma si tratta di due concetti ben distinti tra loro, con fonti normative e risvolti completamente diversi.
La nozione di origine non preferenziale individua il luogo geografico (il Paese) in cui il prodotto è stato interamente prodotto o ha subito l’ultima lavorazione sostanziale così come stabilito dall’art. 59 e seguenti del nuovo Codice Doganale dell’Unione (Reg 952/2013). Sostanzialmente, l’origine non preferenziale è dichiarata in dogana attraverso la presentazione del certificato di origine rilasciato dalla camera di commercio al fine dell’eventuale applicazione, da parte delle autorità doganali del paese di destino della merce, delle cosiddette misure di politica commerciale – quali dazi antidumping, divieti, limitazioni, contingenti – nonché per la definizione del “made in”.
La nozione di origine preferenziale individua invece l’origine delle merci dal punto di vista puramente doganale in quanto determinata sulla base delle regole stabilite negli accordi di libero scambio che l’Unione Europea ha siglato con determinati paesi al fine dell’applicazione a destino delle misure tariffarie preferenziali individuabili nella riduzione o addirittura nell’esenzione daziaria.
È necessario quindi sottolineare che il concetto di origine preferenziale della merce non ha nulla a che vedere né con il luogo di provenienza del bene, né tantomeno con il paese di produzione dato che, come appena precisato, è determinato convenzionalmente dalla UE solo con certi Paesi.
Per determinare l’origine preferenziale è necessario in primo luogo stabilire esattamente la voce doganale del prodotto finito da esportare e successivamente consultare la corrispondente regola di lista stabilita nell’accordo di libero scambio siglato con il paese di destinazione della merce. Il carattere preferenziale delle merci potrà essere dichiarato in fattura direttamente dall’esportatore per le spedizioni inferiori a 6 mila euro, mentre per gli importi superiori sarà cura del doganalista, su apposito mandato dell’esportatore, richiedere alla dogana il certificato l’Eur 1 / Eur Med (ATR con la Turchia).
Si ritiene utile precisare che anche le aziende che non esportano direttamente i loro prodotti all’estero vengono spesso coinvolte nel processo di determinazione dell’origine da parte dei loro clienti nazionali o comunitari attraverso la richiesta di compilazione della “dichiarazione di lungo termine del fornitore”. La falsa attestazione dell’origine preferenziale in fattura o nella dichiarazione di lungo termine del fornitore comporta, da un lato, il recupero dei dazi all’importazione da parte dell’Autorità doganale del paese di destinazione e, dall’altro, una falsa attestazione di atto notorio punibile a norma dell’art. 483 del codice penale.
Al fine di evitare pesanti ripercussioni anche di carattere penale è quindi indispensabile che il produttore o l’esportatore della merce, prima di rilasciare veloci e superficiali attestazioni di origine effettui una attenta analisi della preferenzialità o meno delle proprie merci. I professionisti dello Studio Unipro sono a disposizione per accompagnare l’azienda nella valutazione sia dell’origine preferenziale sia dell’origine non preferenziale (made in) dei propri prodotti.